LATO EST

Gli amori degli dei, pur non esen­ti da tragiche conclusioni, sono tutti apportatori di benefici per la vita dell’uomo.

Salone Vertumno e Pomona

Vertumno e Pomona

La serie degli Amori degli dei si apre con Vertumno dio etrusco delle stagioni e Pomona, antica divinità italica, che presiede alla fruttificazione.

Il culto di Priapo risale ai tempi di Alessandro Magno e fu largamente ripreso anche dai Romani, soprattutto collegato ai riti e alle orge dionisiache. Il suo culto era anche fortemente associato al mondo agricolo ed alla protezione delle greggi, dei pesci, delle api, degli orti.

Oltre a essere l’esempio di una coppia felice, costituiscono per la loro protezione dei frutteti un richiamo a quel “brolo”, ricordato in tutti i documenti riguardanti la proprietà di Brugine. Questo ha indotto a pensare che il legame con le successive favole sia dato pure dall’allusione all’ambiente campestre e alla sua celebrazione attraverso i velami del mito.

Pomona era appassionata delle piante da frutto, e da loro prendeva nome. Non amava le foreste o i fiumi, ma la campagna, e gli alberi ricolmi di frutti. Non portava un giavellotto, ma un falcetto, con cui spuntava la vegetazione, curava innesti, liberava il terreno dalle erbacce. La sua passione per i frutti la portava anche a essere totalmente indifferente agli amori: poiché era, però, piuttosto attraente, doveva sempre guardarsi dalle attenzioni dei maschi, e per questo motivo aveva accuratamente recintato il suo frutteto, e non permetteva agli uomini l'accesso. E non solo dagli uomini doveva guardarsi, ma anche dai satiri e dai fauni, e pure da qualche divinità.

Chi più di ogni altro la desiderava era il dio Vertumno, che presiede al cambiamento stagionale e che possiede la capacità di assumere la forma che più gli aggrada. Vertumno, acceso di passione, passava di fronte al frutteto di Pomona, ora camuffato da vigoroso mietitore, ora da allevatore: passava con un cesto di spighe o con il fieno tra le tempie, ora con un pungolo ora con la falce in mano; passava con una scala, e sembrava un contadino che andasse a cogliere i frutti, o assumeva le sembianze di soldato di passaggio o di pescatore. Insomma, si mascherava in tutti i modi per godersi la vista di Pomona.

Fattosi più audace, un giorno vestì le sembianze di una vecchina, ed entrò nel frutteto della sua amata. Ammirò gli alberi carichi di frutti e ne approfittò subito per lodare Pomona e darle un bel po' di baci: insomma, se la baciò più di quanto una vecchina avrebbe mai fatto. E poi si sedette e additò alla bella un olmo a cui si era avvinghiata una vite carica di grappoli mostrò alla dea come l’uno prendesse vantaggio dall’altra. Le raccontò anche la storia di Anassàrete, che rifiutò l’amore di Ifi e si trasformò in una statua di pietra: così cercò di convincere Pomona che il suo destino era l’unione con un dio fedele, giovane e bello, come Vertumno appunto. Ma le parole della vecchia risultarono vane. Vertumno allora riprese l’aspetto giovanile e apparve a Pomona in tutto il suo splendore.
Si apprestava a prenderla con la forza, ma questa non servì: sedotta dalla bellezza del nume, anche lei fu vinta da amore.  A volte i fatti contano mille volte più delle parole.