Nel 1407 Antonio de' Ruberti (poi Roberti) acquista una gastaldia carrarese in Brugine, che nel 1422 permuta con una casa costruita sulle rovine di un castello dei Maccaruffo. Dopo una crisi economica, agli inizi del XVI secolo, verso il 1533 la famiglia si riprende e vengono fatti nuovi acquisti di terre. Nasce da qui il complesso di villa Roberti, che la famiglia costruisce sulle preesistenze della fortificazione, di cui si leggono tracce residuali delle fondazioni e di una cisterna. I lavori iniziano a trasformando in muratura una teza e riattando a colombaia la torre della fortificazione, o i suoi resti: fa fede a questa ipotesi l'accesso molto elevato sul piano di campagna. Nel testamento di Francesco Roberti, redatto nel 1563, viene citata la casa per i cui lavori l'architetto Andrea da Valle riceve in pagamento, il 6 giugno del 1553, la considerevole somma di duecento ducati. La stima dei beni parla di palazzon e barchessa uniti da due cortili, e muro che chiude il giardino. Alla data del matrimonio tra Francesco Roberti e Lucia da Rio, 1554, il palazzo è già stato decorato dalla serie di affreschi dello Zelotti. In seguito ad un matrimonio, il Seicento lega la famiglia Roberti ai Frigimelica; dall'evento trae vantaggio anche la villa visto che è proprio l'architetto Girolamo Frigimelica a trasferire nella barchessa il granaio che ancora occupava le soffitte della villa, a far costruire la scala esterna di accesso alla loggia, a far voltare la ghiacciaia.

Il Settecento porta invece riammodernamenti e manutenzioni nella campagna attorno agli edifici; una prima sistemazione a giardino è documentata nel 1615, mentre nel 1668 e nel 1771 viene occupata e trasformata a giardino; è di questi tempi anche la forgiatura del cancello in ferro battuto, eseguita nel 1742 da Rinaldo Valentini, Il complesso viene poi ceduto nel 1787 ai Selvatico, e quindi ai Lazara: si deve proprio a Domenico De' Lazara-Brugantini, attorno al 1840, la trasformazione all'inglese del giardino con serre, peschiere, boschetti di noccioli, collinette ed elementi decorativi in mattoni, e la contestuale distruzione del giardino cinquecentesco con i suoi orti e broli. A partire dalla metà dell’Ottocento si susseguono i passaggi di proprietà degli immobili: da Francesco Busetto Bubba a Vincenzo Stefano Breda, da Giuseppe Saloni ai Treves de' Bonfili, dall'Ente Ville Venete all'attuale prof. Giampiero Bozzolato.

La villa si alza su di uno zoccolo seminterrato, un piano nobile ed un secondo, corrispondente all'originario granaio. Di pianta e volumetria palesemente cinquecentesca, ha un loggiato incassato nel mezzo del prospetto sulla strada: aperto in tre fornici, vi si accede attraverso uno scalone, a 13 gradini, pentagonale del XVII secolo. Dalla loggia si entra nelle stanze ai fianchi ed in quelle più interne, affacciate anche sul tradizionale salone passante, aperto con porta affiancata da finestre, a mo' di trifora, non su terrazzi ma su scale a due rampe nei fronti verso la barchessa e la campagna. Tutte le aperture hanno cornice lapidea con modanature più elaborate sul fronte della loggia; particolare è la trifora architravata al centro del fronte opposto, aperta su una leggera ringhiera in ferro battuto. A coronamento dei prospetti corre attorno all'immobile una cornice a dentelli, poco al di sopra poggiano le falde del tetto, collegate nel colmo.

All'esterno la villa era completamente affrescata da Giovan Battista Zelotti, entro il 1563. Oggi restano tracce dell'impianto originario che ancora mostra, su di una fascia dipinta, episodi di storia romana tra le finestre del primo piano.

Tra le storie si identificano ancora "Coriolano e la madre", "Morte di Virginia", "Uccisione di Cesare", alternate a figure allegoriche di Virtù; mentre trofei militari sono agli angoli e un fregio con busti e putti chiude all'ultimo piano il ciclo. Nella loggia sono affrescate due scene di vita in villa attribuite a Giovanni Antonio Fasolo e due scene mitologiche, "Perseo libera Andromeda" e "Diana e Atteone". All’interno dell'edificio la decorazione mantiene la sua integrità: dal vestibolo, decorato a grottesca e paesaggi, si passa nel salone ove sono figurate scene mitologiche in quattro riquadri nelle due pareti lunghe, entro un finto colonnato dorico trabeato con metope e nicchie racchiudenti finti busti bronzei e putti, tra cui" Narciso e la ninfa Eco", "Ercole e Deianira", "Cefalo e Procri", "Bacco e Arianna", "Venere e Adone", "Giove e Danae", "Apollo e Dafne". Nelle sovrapporte, secondo la consueta maniera di Giovan Battista Zelotti e della Sua bottega, sono dipinte figure maschili e femminili allegoriche di gusto michelangiolesco. Altri affreschi si trovano in quattro stanze del secondo piano.

La barchessa, che risale alla fine del XVI secolo, si apre in otto arcate a pieno centro poggiate su colonne ottagonali con capitello; a seguire, oltre il muro di cinta verso la campagna, si alza la zona chiusa. Ha copertura a due falde, arcata aperta sul fronte a capanna verso la strada principale ed insiste, per le prime quattro campiture, sull’aia lastricata. Il muro suddetto collega questo corpo all'adiacenza poggiata al fronte sud della villa: é interrotto dalla torre colombara a pianta quadrata, piano terra aperto in fornici; presenta sulla muratura esterna tracce di decorazione pittorica.