Sulle pareti laterali della loggia, situata nella facciata principale, rimangono illusionistici arazzi che fanno da sfondo alle scene mitologiche rappresentanti Atteone mutato in cervo e Perseo che libera Andromeda.

Ai lati della porta d’ingresso una Partita a carte e un Concerto di gentiluomini.

Scene mitologiche

Le due favole ovidiane della loggia assumono un significato se viste nel­la contrapposizione tra male e bene: Atteone che viola la castità di Diana è punito con la metamorfosi in cervo, mentre Perseo che libera coraggiosamente Andromeda sarà premiato con le nozze. Forse quest’ultimo episodio potrebbe essere un’allusione al matrimonio di Francesco Roberti con Lucia da Rio. 

Antitesi che ritorna nelle scelte dei miti del salone, dove sulla parete di levante i protagonisti sono gli dei e su quella di ponente gli uomini, esprimendo ciascun gruppo due concetti diversi.

 

 

Loggia Perseo e Andromeda

 

 

Perseo e Andromeda

La giovane donna, figlia del re d'Etiopia Cefeo e della sua sposa Cassiopea, stava scontando una colpa commessa dalla madre che, stimolata dalla vanità, si era dichiarata più bella delle Nereidi. Ne era nata una lite furiosa e le ninfe avevano chiesto una punizione esemplare per la regina presuntuosa.

Il dio si incollerì per il torto subito dalla moglie e dalle sue sorelle, ascoltò la loro preghiera e per prima cosa devastò le coste del paese con una spaventosa inondazione, poi aggiunse la ciliegina sulla torta con la creazione di un terrificante mostro marino che distruggeva ogni cosa ed uccideva gli abitanti dei villaggi costieri.
Cefeo, disorientato, si rivolse all'oracolo il quale suggerì l'unico rimedio possibile: il sacrificio della giovane figlia Andromeda.

Perseo, turbato dalla bellezza della fanciulla non meno che dal suo dolore, decise di interrompere il sacrificio.
Rivolgendosi ai genitori, si offrì di mutare il destino della fanciulla, combattendo il mostro per mettere quindi fine alla maledizione in cambio della mano d’Andromeda.

Quando la lotta fu terminata, Cefeo e la sconsiderata Cassiopea scesero alla spiaggia per vedere cosa era accaduto.

Qui trovarono Andromeda spaventata ma incolume, e Perseo che ripuliva la spada mentre il corpo del mostro affiorava dalle acque arrossate dal suo sangue.

 

 

 

Loggia Diana e Atteone

 

 

 

 

Diana e Atteone

Il cacciatore Atteone vagando per i boschi si imbatte in un gruppo di Ninfe intente a bagnarsi con la loro Signora, la dea Diana. Essa, sorpresa per essere stata colta in un momento di intimità con le sue caste ninfe, con un gesto di furia imbarazzata spruzza l’uomo con l’acqua, tramutandolo in un cervo.

Egli fugge impaurito e incapace di rivelare la sua identità alla muta dei suoi cani e finisce sbranato.

Atteone è un eroe che, cercando penetrare il mistero divino, ne ha la vita completamente sconvolta e invertita. La morte di Atteone può sembrare una fatale punizione e un tragico errore, ma invece è la morte dell’intelletto braccato dalla follia del pensiero concettuale, ed è l’inizio della vita immortale e divina.

Le conseguenze per i mortali accidentalmente coinvolti negli affari degli dèi e le immancabili tragedie che capitano loro, mostrano le divinità greche supremamente indifferenti al destino dell’uomo mortale.

Non c’è perdono, rimpianti, riscatto o una seconda possibilità a disposizione di coloro che incontrano loro e la loro implacabile volontà.

 

 

 

Vita in villa

La villa attraverso l'architettura e le decorazioni pittoriche dava quindi sfoggio della ricchezza, della nobiltà e del buon gusto della famiglia proprietaria. L'edificio, centro di direzione dell'azienda agricola, divenne anche il luogo in cui l'aristocrazia non curava solo i propri interessi economici ma anche quelli culturali, con lo studio e la meditazione (l'otium, secondo la definizione già data da Cicerone), senza trascurare il divertimento (caccia, danza, giochi di società, passeggiate nel brolo) ed il riposo dalla vita impegnata e faticosa della città (il negotium che in latino significava "occupazione", "affare".

Partita a carte 

adattato da Tre Tre

Gli editti e le proibizioni dei giochi di carte della fine del Trecento proseguirono nel Quattrocento, rallentando progressivamente e perdendo sempre più la connotazione di condanna morale. I giochi d'azzardo più rovinosi continuarono ad essere inutilmente vietati. Le carte diventarono oggetto di tassazione.
Loggia Sgnori che giocano a carte bisLa Chiesa inizialmente continuava ad attribuire ai giochi connotazioni diaboliche, in quanto distraevano l’uomo dalla preghiera e creavano ambienti rissosi, fraudolenti e rovina economica. San Bernardino da Siena nel 1423, in una predica memorabile, infiammò l’intellettuale, ricca e popolosa Bologna contro i giochi. Questo grande santo predicatore aveva una sensibilità particolare per la giustizia sociale e avversione per l'usura e le truffe.

Le proibizioni dei giochi aleatori (carte comprese) sono numerosi. Ma la rivoluzione economica e demografica con l’Uomo protagonista mise sempre più la sordina alle condanne morali e i vertici ecclesiastici sedettero presto al tavolo da gioco assieme ai poteri civili nobiliari e comunali. La crescita quattrocentesca diede fiducia alla gente.
Gli intellettuali uscirono dalla condizione di sudditanza economica e psicologica ai poteri ecclesiastici e civili di allora, e posero l’Uomo baldanzosamente al centro dell’Universo. Di conseguenza, gli amati giochi persero gran parte della loro connotazione demoniaca.

L'approccio più benevolo verso i giochi aleatori è ben descritto ad inizio Cinquecento da Baldesar Castiglione (1478-1529), nel secondo libro del Cortegiano. - Senza motteggiare, - replicò il signor Gasparo, - parvi che sia vicio nel cortegiano il giocare alle carte ed ai dadi? - A me no, - disse messer Federico, eccetto a cui nol facesse troppo assiduamente e per quello lasciasse l'altre cose di maggior importanzia, o veramente non per altro che per vincer denari, ed ingannasse il compagno e perdendo mostrasse dolore e dispiacere tanto grande, che fosse argomento d'avarizia - Gasparo chiede : vi sembra vizioso che un gentiluomo si diverta a giocare a dadi e a carte ? - Non mi sembra, rispose Federico, a meno che non lo faccia ossessivamente, trascurando le cose importanti, o non lo faccia solo per vincere soldi arrivando anche a barare, o a meno che, quando perde, non si disperi al punto di farsi sospettare di avidità. Insomma, dice Castiglione, il pericolo dei giochi erano il danaro e l'ossessione, non il gioco

 

Concerto di gentiluomini

Venezia viene a caratterizzarsi come la città più "musicale" d'Italia. Non tanto per l'esercizio di un monopolio sui migliori musicisti attivi nella penisola, quanto piuttosto per alcuni aspetti rientranti nella quotidianità della vita musicale.Loggia Signori che suonano part
La massiccia diffusione, senza paralleli a livello europeo, della consuetudine del far musica nelle istituzioni ecclesiastiche e laiche, di Stato e non, e negli ambienti domestici tanto nobiliari quanto di media o più bassa estrazione sociale.
Si afferma in tutti questi ambienti la figura del musicista di professione, grande rilievo ebbe anche il ruolo del dilettante nelle esecuzioni musicali private, cui si unisce il notevolissimo sviluppo che ebbe il commercio musicale veneziano sia nel settore editoriale che in quello per la costruzione degli strumenti.
La vita musicale veneziana, esclusi alcuni avvenimenti di carattere più o meno ricorrente, fa emergere in modo estremamente indicativo un primo dato: dopo la metà del Cinquecento la gestione del momento celebrativo musicale viene gradatamente riassorbita soprattutto nel dominio della festa privata.