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Venezia e l’arte rinascimentale

 

tintorettoNel corso del Cinquecento l’arte rinascimentale conosce una diffusione a livello europeo che di fatto monopolizza l’intera scena artistica. Firenze non è più l’unico centro artistico italiano all’avanguardia, ma ad essa si affiancano, in maniera sempre più intensa, altre città, prime tra tutte Roma e Venezia. La città eterna prende l’eredità più diretta dell’arte nata a Firenze mentre Venezia, nel corso del XVI secolo, percorrerà una strada stilistica del tutto originale.

L’incontro tra Venezia e l’arte rinascimentale avviene un po’ più tardi rispetto ad altre località italiane.

Fu soprattutto Giovanni Bellini a sintetizzare gli elementi appresi da Mantegna e da Antonella da Messina in uno stile del tutto nuovo, in cui non erano esenti alcune reminiscenze tardo gotiche. Questo nuovo stile, che dà luogo ad un rinascimento che possiamo definire veneziano, consisteva in un uso del tutto nuovo del colore, che diede vita a quella pittura definita tonale.

Questa nuova tendenza trovò nuovi interpreti e sperimentatori in due straordinari artisti: Giorgione e Tiziano. Il primo ebbe vita breve, anche se la sua opera rimane un punto fermo dell’esperienza pittorica veneziana agli inizi del Cinquecento.

Fu invece Tiziano il grande protagonista della stagione rinascimentale veneziana, grazie ad una vita lunga ed intensa che lo portò ad operare anche fuori Venezia. La pittura di Tiziano rimase un grande esempio per le generazioni successive di pittori, esercitando un’influenza non meno vasta di Raffaello o di Michelangelo.

La sua grande personalità riuscì quasi a monopolizzare la pittura a Venezia, determinando la diaspora di altri artisti, quali Lorenzo Lotto o Sebastiano del Piombo i quali ebbero però l’indiscutibile merito di diffondere la nuova visione artistica veneziana al di fuori della laguna veneta.

Bisogna infatti attendere la metà del secolo per veder comparire a Venezia altri grandi pittori non meno dotati di Tiziano, in particolare Jacopo Robusti, detto il Tintoretto, e Paolo Caliari, detto il Veronese. La loro esperienza pittorica, di matrice già pre-barocca, conclude con uno spettacolare canto del cigno il rinascimento veneziano, prima che il nuovo clima controriformista imponga nell’arte pittorica una visione più cupa e meno festosa.


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Un diverso concetto di bellezza

 

giorgione ritratto di vecchiaLa caratteristica stilistica più importante della pittura veneziana fu il tonalismo, ma le differenza tra il rinascimento fiorentino e quello veneziano ha radici più profonde che investe l’estetica stessa dell’arte. Il bello può avere due finalità principali: produrre un piacere intellettuale o produrre un piacere fisico, sensoriale.

L’arte fiorentina nasce come ricerca di una bellezza che è soprattutto perfezione ideale, quindi di natura più intellettuale che sensoriale. Il clima che si respira a Venezia, soprattutto nel Cinquecento è ben diverso: la bellezza ha una sua natura e finalità legata più ai sensi che all’intelletto.

Del resto bisogna considerare la differente cronologia e clima culturale che divide i due ambienti artistici. Firenze, nel Quattrocento, è imbevuta di influssi neoplatonici che danno una preminenza dell’idea sul sensibile. Questo fu importante per sdoganare la bellezza come valore positivo, superando l’idea medievale che il bello fosse pericoloso perché manifestazione del peccato e della lussuria.

Venezia, invece, nel corso del Cinquecento è una città ricca, dove non manca il benessere, il lusso e anche una notevole tolleranza nei confronti dei piaceri della vita. È ovvio che il bello viene visto non come qualcosa di ideale, ma come una manifestazione positiva dell’essere perché capace di suscitare gioia, piacere, ecc.

Questa diversa concezione estetica è anche la premessa perché a Firenze si diede più importanza al disegno nella pratica pittorica, mentre a Venezia si diede più importanza al colore. Il disegno è il modo come il nostro cervello razionalizza le forme che percepisce; il disegno è la trascrizione del nostro pensiero del reale. Attraverso un disegno perfetto si percepisce un pensiero perfetto della realtà. Il colore è invece l’emozione degli occhi, rappresenta la parte della visione che i nostri sensi immediatamente percepiscono e che producono la diretta risposta emotiva. Il colore fa sì che l’immagine che vediamo in un quadro ci trasmetta anche sensazioni tattili, quasi che l’immagine è qualcosa di reale e non solo la rappresentazione di una finta realtà.


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La pittura tonale

 

GiogioneLe novità dell’arte veneziana si sostanziano tutte nella pittura, dando luogo a quella tecnica chiamata tonale. In sintesi il tono di un colore può essere definito come la quantità di luce che esso riflette. Se un oggetto viene investito da una grande quantità di luce, esso rifletterà molta luce e il suo colore ci apparirà di tono chiaro, o insaturo. Se invece è illuminato da una fonte luminosa più debole, il suo colore diventerà di tono scuro, o saturo. L’occhio è naturalmente predisposto a interpretare i toni di colore come intensità luminosa presente nella scena che guarda. E l’occhio in genere interpreta in questo modo: su uno stesso piano non possono esserci contemporaneamente toni chiari e toni scuri, ma questi vanno collocati su differenti piani di profondità.

Usando questa tecnica si può creare un inedito effetto di tridimensionalità nei quadri, senza ricorrere alla prospettiva tradizionale. Quest’ultima, come già detto, aveva bisogno delle architetture per poter pienamente manifestarsi nella scena pittorica, costringendo la pittura ad una sudditanza nei confronti dell’architettura dipinta che, prima o poi, doveva finire. Il tonalismo veneto è una nuova possibilità, insieme al movimento dei corpi o allo sfumato leonardesco, di suggerire la profondità spaziale nell’immagine pittorica, senza far ricorso alla prospettiva lineare.

Ma il tonalismo dei pittori veneti ha anche altre valenze stilistiche: riesce a dare un carattere all’atmosfera dei quadri facendone un ulteriore elemento di suggestione. I cieli non sono più degli sfondi neutri, ma danno sensazioni atmosferiche di grande suggestione, come nel caso della Tempesta di Giorgione, dove uno degli elementi di maggior fascino del quadro è proprio la sensazione atmosferica che si coglie nel cielo e nell’aria che circola nella scena.

Il tonalismo veneto, inoltre, portò ad una prima teoria dei contrasti tonali tra i colori complementari. In pratica, accostando opportunamente i colori tra loro, si ottiene una vivacità cromatica più intensa dei colori stessi. Se si accosta un verde ad un rosso, i due colori sembreranno più brillanti, esaltandosi a vicenda. Viceversa, se si accosta un verde ad un viola i colori visivamente si stemperano uno nell’altro dando una sensazione di opacità. Queste tecniche furono direttamente sperimentate nei quadri, prima ancora che essere teorizzate, e furono alla base del notevole fascino esercitato dalla pittura veneta: una pittura fatta di luce e di colore, ma soprattutto di intensità visiva.


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Giovanni Bellini


Bellini
Giovanni Bellini (Venezia ca 1430-1516), noto anche con il nome di Giambellino, è uno dei principali innovatori della pittura veneziana, introducendo nell’ambiente lagunare le novità dell’arte rinascimentale. Figlio del pittore Jacopo, costituisce, insieme al fratello Gentile, la più importante famiglia di pittori di Venezia, tra l’altro imparentata anche con Andrea Mantenga che sposò una sorella di Giovanni Bellini.
Il padre era stato allievo di Gentile da Fabriano e nella sua pittura sono chiaramente ravvisabili gli elementi stilistici tardo gotici che, del resto, sono presenti in quasi tutta la pittura veneta del tempo. Giovanni Bellini partendo da questi elementi tordo gotici, riesce a fare una sintesi originale con il senso della spazialità rinascimentale appreso dal Mantenga. Ma il risultato al quale perviene è decisamente originale e alla base della futura pittura veneziana del Cinquecento. Ciò che lui ottiene è una pittura in cui il colore e la luce creano un effetto di spazialità nuovo, senza far ricorso alle architetture in prospettiva né alle sfumature leonardesche. Semplicemente i piani si staccano tra loro perché hanno un diverso grado di luminosità. Figure chiare su sfondi scuri o viceversa, in modo che l’occhio è naturalmente portato a percepire ciò che è avanti o indietro per il semplice fatto che cambia il tono del colore. Da questa svolta stilistica dell’arte di Giovanni Bellini ha inizio la grande pittura veneziana, una pittura fatta di colore e di luce, che verrà poi proseguita da Giorgione e da Tiziano.


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Giorgione


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Giorgione (Castelfranco Veneto 1477 - Venezia 1510) è uno dei pittori più enigmatici della storia dell’arte in quanto di lui si conosce ben poco. Molto incerto è anche il catalogo delle sue opere, non esistendo alcuna opera autografa. Tuttavia le sue opere principali, sulle quali la critica è concorde, permettono di delineare un corpus di grande importanza per la storia dell’arte veneziana. Con lui le premesse stilistiche delineate da Giovanni Bellini, suo probabile maestro, giungono a piena maturazione, creando capolavori di assoluta qualità. Se nel Bellini permangono influssi tardo gotici, soprattutto nella grafia minuziosa dei dettagli, in Giorgione l’immagine pittorica è costruita con un forte risalto plastico, che sembra indicare una sua conoscenza diretta del classicismo rinascimentale dei grandi maestri fiorentini, nonché di Antonello da Messina e Piero della Francesca.

Fra le opere di sicura attribuzione vi è la Madonna di Castelfranco (Castelfranco Veneto, San Liberale), dipinta intorno al 1505, la tela dei Tre filosofi (Vienna, Kunsthistorisches Museum), nonché la Tempesta (Venezia, Gallerie dell’Accademia). È questa la sua opera più famosa, nonché quella che meglio indica la strada del tonalismo veneto.

Nel 1508 portò a termine gli affreschi della facciata principale del Fondaco dei Tedeschi, di cui oggi rimane solo un frammento. Nella realizzazione di quest’opera ebbe come aiuto il giovane Tiziano, che ne assunse di fatto l’eredità stilistica alla morte di Giorgione avvenuta nel 1510, all’età di soli trentatre anni. Il rapporto tra i due artisti non è di facile comprensione, tanto che su alcune opere la critica rimane divisa se attribuirle all’uno o all’altro pittore. È il caso, soprattutto, di due celeberrimi capolavori quali la Venere dormiente di Dresda e il Concerto campestre conservato al Louvre. Tuttavia, considerando che di Giorgione si conosce decisamente poco, non è escluso che future ricerche potranno delineare meglio la figura di questo eccezionale pittore, la cui vita è stata troppo breve per la sua straordinaria arte.


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Tiziano Vecellio

 

tiziano paolo III

Tiziano Vecellio, (Pieve di Cadore 1488/1490 - Venezia 1576) è stato sicuramente il maggior pittore veneziano del Cinquecento producendo, in quasi settant’anni di attività, una tale quantità di opere che non ha paragoni in altri maestri del rinascimento italiano. La sua parabola è stata unica e straordinaria. Partendo dalla ricerca tonale di Giovanni Bellini e Giorgione, attraversa tutti i registri espressivi, per giungere nella tarda maturità ad una pittura così libera da ogni preoccupazione stilistica che è forse quanto di più moderno abbia prodotto l’intera arte del Cinquecento. È stato un percorso di semplificazione che solo i grandi maestri hanno saputo compiere: partendo da una stesura formalmente impeccabile, sono giunti ad un segno scarno e semplificato, ma così carico di valenze emozionali e poetiche, capace solo a chi ormai possiede il segreto di smuovere l’animo umano con un semplice gesto della mano che posa una pennellata sulla tela.

La sua attività iniziò dalla collaborazione con Giorgione, nella realizzazione degli affreschi del Fondaco dei Tedeschi. Siamo al 1508 e il giovane Tiziano, appena ventenne, eredita la lezione giorgionesca, diventandone l’indiscusso erede artistico alla sua morte, avvenuta due anni dopo. Tra le sue prime opere va probabilmente annoverata il Concerto campestre, che la critica, soprattutto anglosassone, ha sempre attribuito a Giorgione. Di certo appare evidente che il quadro ha un soggetto giorgionesco, anche se l’esecuzione, data la prematura scomparsa del maestro, possa attribuirsi alla mano di Tiziano.

Da questo momento in poi, e fino alla sua morte, l’elenco delle opere, e dei capolavori, realizzati da Tiziano si allunga a dismisura. Molte sono le opere di soggetto allegorico, sulla scia del Concerto campestre, quali l’Amor sacro e Amor profano, Le tre età della vita, La venere di Urbino; tantissime le opere di soggetto religioso, tra cui spicca l’Assunzione realizzata per la chiesa dei Frari a Venezia, autentico punto di riferimento per tutta la pittura devozionale per diversi secoli a seguire.

Ma uno dei settori nel quale Tiziano fu più spesso chiamato a cimentarsi fu quello dei ritratti. Tra i suoi committenti ci furono i più importanti personaggi del tempo, quale papa Paolo III, al secolo Alessandro Farnese, o l’imperatore Carlo V, ai quali dedicò più ritratti. Ad essi si affiancano tanti altri personaggi famosissimi, quali Francesco I di Francia, Isabella d’Este, Eleonora Gonzaga, Pietro Aretino, Francesco Maria della Rovere, Alfonso d’Avalos, ma anche tanti altri personaggi di cui ignoriamo l’identità.

Viaggiò molto tra Roma e la corte imperiale ad Augusta, nonché nel resto dell’Italia centro-settentrionale, ma la sua attività si svolse prevalentemente a Venezia, anche se le sue opere sono oggi conservate in tutti i maggiori musei del mondo.


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Veronese

 

Paolo Veronese autoritratto

Paolo Caliari, detto il Veronese (Verona 1528 - Venezia 1588), è un altro dei grandi interpreti della pittura veneziana della seconda metà del Cinquecento. Al pari del Tintoretto, la sua ricerca pittorica è legata molto all’effetto scenografico, in grandi tele che affolla di personaggi e di numerosi particolari, sullo sfondo di complesse e spettacolari architetture.

La sua formazione è però diversa dal Tintoretto. Non è la pittura di Tiziano a segnare il suo stile, bensì quella dei manieristi emiliani conosciuti tra Mantova e Parma, quali Giulio Romano, il Correggio e il Parmigianino. Da essi apprende il senso plastico delle figure, ma soprattutto una spiccata predilizione per la pittura di scorcio.

Giunse a Venezia intorno al 1553 e vi rimase fino al termine della sua vita, realizzando nella città veneta le sue opere principali. A Venezia partecipò ai lavori di decorazione del Palazzo Ducale e della Libreria Marciana. Grazie ad essi il suo successo si consolidò ricevendo importanti incarichi. Grazie all’incontro con l’architetto Andrea Palladio, realizzò un importante ciclo decorativo nella Villa Barbaro a Maser. Imponente e ricca fu anche la decorazione che egli realizzò per la chiesa di San Sebastiano a Venezia.


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Tintoretto

 

Tintoret Danaé Lyon

Iacopo Robusti, detto il Tintoretto, (Venezia 1518-1594), dopo Tiziano è stato sicuramente il pittore veneziano più importante del Cinquecento. La sua attività artistica, tutta svolta nella città lagunare, ha riempito Venezia di straordinari capolavori, la cui caratteristica maggiore è stata di essere altamente scenografici e spettacolari, anche grazie alle dimensione sempre monumentale delle sue opere. Queste enormi tele andarono a decorare alcuni dei principali e più rappresentativi edifici di Venezia, quali il Palazzo Ducale, la scuola e la chiesa di San Rocco, la chiesa di San Giorgio Maggiore. 

Mentre Tiziano rendeva la sua pittura sempre più rarefatta e intimistica, Tintoretto si muoveva invece sulla ricerca degli effetti molto più spettacolari, combinando insieme architetture in prospettive decentrate, scorci molto arditi, affollamento di figure, tensione drammatica nei gesti, nonché effetti di luce e di ombre molto suggestivi. Si può dire che Tintoretto conosceva tutti i trucchi del mestiere per rendere le sue immagini accattivanti. Il senso scenografico delle sue opere preannuncia già ampiamente lo stile barocco che di lì a qualche decennio si diffonderà nell’intera Europa.